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Don Peppinu contro le cosiddette gelaterie artigianali: fare distinguo tra artigiani e artigiani manufatturieri

Peppe Flamingo (Don Peppinu): “Non posso sentirmi dire che faccio lo stesso mestiere di chi apre le buste di polverine, senza le quali non sa dove mettere le mani. Ed è per questo che poi il prezzo è diverso”

Il gelato (artigianale) della discordia. Quello che è generalmente considerato tra i dolci più amati in Italia sta generando non poche discussioni in questi giorni proprio tra gli imprenditori del settore.

Tutto è partito da un’opinione decisamente impopolare espressa da Peppe Flaming, proprietario delle gelaterie Don Peppinu e del Gruppo Flamingo secondo cui oggi il gelato artigianale è solo un mito intorno al quale c’è confusione sia tra i produttori, sia tra i consumatori.

Sento sempre più persone che associano il discorso qualitativo alle dimensioni dell’azienda. C’è chi crede che basti scrivere ‘artigianale’ nel nome della gelateria per far sì che questa lo sia, chi ritiene, invece, che solo i più piccoli lo siano davvero. Ma entrambe le posizioni sono errate e denotano poca conoscenza della piccola imprenditoria in Italia. – Commenta Peppe FlamingoOggi fare l’artigiano implica impiegare la metà del tempo dietro la burocrazia, gestire questioni contabili, il personale, avviare azioni di marketing, cercare le materie prime… E poi, certo, fare il gelato, cercando, magari, di guadagnarci almeno un po’. Scordatevi l’immagine romantica del gelatiere artigiano che manteca i suoi gelati nel retrobottega. Sempre più spesso i piccoli artigiani, subissati di cose da fare, tagliano quel che possono, a cominciare dalla ricerca delle materie prime”.

In molti, per una questione economica, di tempo, o anche di mancanza di personale, sono costretti (talvolta loro malgrado) a ricorre a scorciatoie per facilitare il lavoro, come l’utilizzo di polverine o semilavorati industriali. Questi prodotti rendono la realizzazione del gelato molto più veloce e, ovviamente, costano meno rispetto ad acquistare materie prime. Fare un gelato partendo da prodotti industriali non implica necessariamente fare un prodotto che non sia buono e goloso, ma di certo non otterremo qualcosa di unico.

Il problema è che il sistema in cui ci muoviamo rende massacrante fare il vero lavoro di artigiano e impossibile avere una buona qualità di vita extra lavoro. Poi, comunque, continuano ad esserci quelli che chiamerei eroi, e continuano a fare tutto in casa, cercando di mettere insieme i pezzi e lottare con la burocrazia. Per questo, secondo me, non possiamo più mettere sullo stesso piano chi usa materie prime naturali e chi usa i preparati industriali. Se io faccio tutto in casa, taglio la frutta, spremo i limoni e tutto il resto, non posso essere considerato un artigiano al pari di chi si limita ad aprire una busta, e senza i semilavorati non saprebbe neanche da dove cominciare. Che sia un piccolo o un grande, non facciamo lo stesso mestiere e non possiamo avere lo stesso prezzo. Se vogliamo mantenere il nome di ‘gelateria artigianale’ anche per quelle aziende che usano le polverine, allora è necessario fare un distinguo tra artigiano ed artigiano manufatturiere, colui che il prodotto che vende lo fa realmente con le sue mani” conclude Peppe Flamingo.