Per aiutare l’economia, democratizzare e diffondere la cultura di impresa
Rispondere all’improduttività con la cultura e la metodologia di impresa, esaltando il valore aggiunto che queste portano. Marco Travaglini scrive al Ministro Urso
Entro la fine dell’anno sarà approvata la Legge di Bilancio 2024, una manovra che speriamo possa concretamente apportare un cambiamento radicale ed evolutivo del sistema economico italiano, e di conseguenza alla risoluzione di problematiche sociali importanti che affliggono il nostro Paese quali la bassa natalità, la precarietà e le disuguaglianze.
Ma per arrivare a questo si necessita fortemente di strumenti, sia finanziari che operativi, che coinvolgano l’offerta del terziario avanzato, per metterlo nella condizione di dare supporto alle micro, piccole e medie imprese produttive nel creare valore aggiunto, per distaccarle così dalla logica del solo prodotto e da una filiera spesso di subappalto senza più margini.
Auspichiamo pertanto una manovra rivolta anche alle micro e piccole imprese italiane, spesso commodity e a basso valore aggiunto, maggiormente improduttive e con scarso margine operativo, causa sovente di molti altri disagi e problemi come la precarietà, che rappresentano una grossa fetta dell’intero sistema economico.
Tuttavia, dalle prime indiscrezioni trapelate dalla bozza, da altre misure collegate, come il piano di Transizione 5.0, emerse a favore diretto delle PMI, emerge invece una chiara volontà della visione politica attuale (in linea anche con le scelte del Governo Draghi) di favorire le medie e grandi aziende, soprattutto manifatturiere, o quelle capaci di fare alta tecnologia, riprendendo la strategia di un sistema “a goccia” che, al pari di quello opposto assistenzialistico, come dimostrato in passato, non migliorerebbe l’equilibrio precario del nostro ecosistema, volendo spostare l’asse su una maggiore crescita e produttività.
La manovra finanziaria, le misure collegate e connesse, a nostra opinione, necessitano di altre idee.
«La politica del Ministro Urso – afferma Marco Travaglini, fondatore di Consulente Paziente – appoggiata dal Governo e sicuramente dal Ministro Giorgetti, sembrerebbe quella di finanziare un’innovazione molto “alta” che riguarda soprattutto prodotti tecnologici e della green economy di medie e grandi imprese baluardo del nostro Made in Italy; aziende queste che rappresentano solo una minoranza (seppur con grande valore aggiunto prodotto) che da sola non traina più la zavorra di quelle invece improduttive, da noi definite “mercato OFF”, spesso “manovali di filiera” o strettamente legate al quartiere e al territorio, fuori da ecosistemi innovativi, senza neanche rappresentanza, fuori dalla città e dai modelli di contaminazione, in molti casi incapaci di progettare e lavorare con l’obiettivo del valore aggiunto. La finanziaria di questo anno, come quella dei due anni precedenti, e le misure e scelte politiche collegate (vedi il RePowerEu), lato imprese, è focalizzata sul concetto di un sistema “a goccia” che finanzia le medie e grandi realtà industriali, soprattutto manifatturiere, quelle definite da noi “ON” (tecnologiche, esportatrici) che ad indotto dovrebbero portarsi dietro le piccole imprese meno produttive e di basso valore aggiunto. Noi pensiamo che questa politica rischi di essere ancora più distante dalla realtà e dalle necessità delle micro e piccole aziende, cuore numerico dell’impiego e del lavoro. Ad esempio, il credito d’imposta su un’innovazione (altamente) tecnologica relativa all’attività di ricerca e sviluppo (così come il rinnovamento dei criteri di Patent Box fatto dal precedente Governo) è estremamente collegato ad un contesto di sole grandi imprese o di sole imprese già evolute, escludendo completamente le micro e piccole attività che necessiterebbero in primo luogo di un’innovazione organizzativa, di sistema e di modello di business e di (cultura del) lavoro, prima ancora di un’innovazione altamente tecnologica. Queste realtà dovrebbero invece partire da una tecnologia base già esistente che ne faciliterebbe l’introduzione e il contatto con gli ecosistemi esistenti di lavoro innovativo. Seppur con intento di modernizzare, si rischia di dare spazio ancora ad un sistema novecentesco che privilegia di nuovo le grandi realtà produttive, o quelle legate a prodotti tecnologici, senza dare vero supporto e possibilità di crescita alle micro e piccole imprese, che però sono centrali e strategiche nell’economia italiana, dalla creazione di lavoro alla crescita dei consumi interni, ma che vengono di nuovo ignorate da metodi che non le rendono protagoniste, ma anzi sempre più distanti dall’innovazione e dal nuovo modo di fare impresa. Le piccole imprese commodity, infatti, non trovando modo di generare un alto valore aggiunto per un prodotto così tecnologico, continueranno a restare sempre ai margini e a valle del sistema e, pur rappresentandone l’ossatura, continueranno ad essere la “zavorra” del Paese e dell’intero sistema del Made in Italy. Di contro, siamo convinti che nemmeno il sistema assistenzialistico dei finanziamenti a pioggia e senza criterio (anzi spesso con un criterio solo di contenitore e di strumenti senza contenuti e strategie di lungo termine), sia utile a risolvere il problema. Da qui il nostro suggerimento di coinvolgere il terziario avanzato come leva capillare e metodologico-strumentale per democratizzare servizi a valore aggiunto e ad alta intensità di conoscenza (KIBS), a partire dalla consulenza, da un nuovo modello di lavoro e di business, da tecnologie e sistemi di nuovo processo del lavoro, mettendo a terra e abbassando il costo economico, emotivo e di effort per chi ha merito come il piccolo imprenditore italiano e necessità di sapere come fare ad entrare negli ecosistemi del nuovo modo di fare impresa; mettendolo al fianco di chi ha metodo e conosce il “come” e il “chi”, rendendo così l’innovazione alla portata di tutti. La politica, a nostro avviso, non dovrebbe continuare a finanziare la “fabbrica del novecento”, ma dovrebbe piuttosto focalizzarsi su metodi di contaminazione tra chi realizza il prodotto e chi conosce il metodo per creare valore aggiunto attraverso strumenti, fondi, processi e tecnologia».
Da questo pensiero laterale rispetto alla manovra del 2024, è nata l’esigenza di scrivere una lettera al Ministro che è possibile consultare a questo link.